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24/11/2021

Consegna del Green Pass al datore di lavoro: nodi da sciogliere

Con la legge di conversione ci sono alcune novità come la facoltà del lavoratore di consegna di copia del Green pass al datore di lavoro

green pass covid
sfondo sito sicurezza-privacy

La legge del 19 novembre 2021, n. 165 ha convertito il DL 127/2021 che impone il green pass per accesso ai luoghi di lavoro.

Con la conversione ci sono alcune novità come la facoltà del lavoratore di consegna di copia del Green pass al datore di lavoro

Altre novità introdotte dalla legge di conversione sono:

Idonea informativa

I datori di lavoro sono tenuti a fornire «…idonea informativa ai lavoratori e alle rispettive rappresentanze circa la predisposizione delle nuove modalità organizzative adottate per le verifiche…».

Scadenza del green pass durante la prestazione lavorativa

Viene disposto che «per i lavoratori dipendenti pubblici e privati la scadenza della validità della certificazione verde COVID-19 in corso di prestazione lavorativa non dà luogo alle sanzioni previste. In questo caso la permanenza del lavoratore sul luogo di lavoro è consentita esclusivamente per il tempo necessario a portare a termine il turno di lavoro».

In pratica, si rende effettiva la faq che era stata pubblicata in precedenza, e pertanto non è possibile mandare via il lavoratore a cui scada il Green pass da tampone durante l'orario di lavoro.

Lavoratori in somministrazione

Per i lavoratori in somministrazione la verifica del possesso della certificazione verde compete all’impresa utilizzatrice; il somministratore deve pertanto informare i lavoratori circa l’obbligo di averla e di esibirla su richiesta.

Rinnovo periodo di sospensione

Per le imprese con meno di 15 dipendenti, la durata massima del periodo di sospensione per mancanza di certificazione verde e dei contratti di lavoro stipulati per la sostituzione è di 10 giorni lavorativi ed il rinnovo di tali contratti è libero, cioè non è più limitato ad un solo rinnovo.

Campagne di sensibilizzazione sulla vaccinazione nei luoghi di lavoro

Per garantire il più elevato livello di copertura vaccinale, al (solo) fine di proteggere i soggetti a rischio, fino alla data di cessazione dello stato di emergenza sono caldamente invitati tutti i datori di lavoro (sia pubblici che privati) a promuovere campagne di informazione e sensibilizzazione sulla necessità nonché importanza della vaccinazione.

La novità più rilevante è che rientra nella facoltà del lavoratore di consegnare copia del certificato verde direttamente al datore di lavoro (o chi per esso), al fine di evitare i controlli quotidiani.

Consegna di copia del Green pass

In ottica di una presunta semplificazione, «…i lavoratori possono richiedere di consegnare al proprio datore di lavoro copia della propria certificazione verde COVID-19. I lavoratori che consegnano la predetta certificazione, per tutta la durata della relativa validità, sono esonerati dai controlli da parte dei rispettivi datori di lavoro»;

In pratica, viene data una possibilità non contemplata prima che, a ben guardare, si pone in evidente contrasto con quanto sempre sostenuto, specie in ordine agli impatti privacy.

Consegna di copia del green pass in azienda: impatti privacy

Analizziamo quindi, quali sono gli impatti in termini di privacy e protezione dati personali che la consegna eventuale, a discrezione del dipendente, di copia del suo Green pass possa determinare nell’Organizzazione.

Se da un lato, l’attuazione di ciò sembrerebbe creare i presupposti per verifiche più semplici all’ingresso in Aziende, in realtà determina svariati problemi.

Se da una parte semplificherebbe il controllo, specie nelle piccole realtà, dall’altro potrebbe creare, in particolare nei grandi contesti aziendali, discriminazioni tra gli uni e gli altri lavoratori, cioè tra chi consegni copia e chi no.

Non solo, potrebbe altresì determinare complicanze, anche in termini di gestione, per tutti quei certificati da tampone.

Gli adempimenti

In ogni caso, qualora l'Azienda decida di adottare e quindi di “accettare” di conservare copia dei Green pass, si pongono di conseguenza non pochi adempimenti:

  • Redazione di idonea informativa
  • Effettuazione di valutazione dei rischi, se non anche di impatto
  • Predisposizione di un registro ad hoc
  • Aggiornamento dei registri delle attività di trattamento, oltre a tutto l’apparato documentale pedissequo e pertinente.

Inoltre il Garante Privacy ha segnalato alcune criticità, di fatto disattese dal Governo:

1) la prevista esenzione dai controlli - in costanza di validità del Green Pass – potrebbe rischiare di determinare una sostanziale elusione delle finalità di sanità pubblica complessivamente sottese al sistema del “green pass”, segnalando indirettamente a tutti la condizione, che non viene aggiornata in caso di mutamento di condizione del soggetto dipendente;

2) la conservazione del dato contrasterebbe con il Considerando 48 del Reg. (UE) 2021/953 che vieta espressamente la conservazione del dato stesso. Senza contare che dal lato operativo/organizzativo, il Presidente dell’Autorità fa espressamente presente che “Naturalmente, poi, la conservazione dei certificati imporrebbe l’adozione, da parte datoriale, di misure tecniche e organizzative adeguate al grado di rischio connesso al trattamento”;

3) la conoscenza del dato e quindi la relativa attività di trattamento, dovrebbe essere assolutamente preclusa al Datore di lavoro dal momento che la conoscenza di peculiari condizioni soggettive dei lavoratori (come ad esempio la situazione clinica e le convinzioni personali), risulterebbe poco compatibile con le tutele previste tanto dalla disciplina di protezione dati, quanto vieppiù dalla normativa juslavoristica;

4) il possibile inquadramento/raccolta di presunto consenso implicito fornito dal lavoratore, nel caso in cui costui decidesse di consegnare (copia) della Certificazione verde, non potendo questo, tuttavia, ritenersi legittimo «sulla base di un presunto consenso implicito del lavoratore che la consegni, ritenendo il diritto sottesovi pienamente disponibile. Dal punto di vista della protezione dei dati personali (e, dunque, ai fini della legittimità del relativo trattamento), il consenso in ambito lavorativo non può, infatti, ritenersi un idoneo presupposto di liceità, in ragione dell’asimmetria che caratterizza il rapporto lavorativo stesso» Di dubbia legittimità si palesa, dunque, una manifestazione di volontà liberamente manifestata/espressa, come la disciplina sul consenso.

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